Debuttiamo ne’ lieti calici!

Trovo che la parola debutto sia sopravvalutata, o meglio sono quelli che continuano a debuttare che sopravvalutano. Sarà anche la somiglianza col termine ‘ributto’ che non mi aiuta…

Vedi persone che debuttano continuamente, quasi fosse una malattia in continua regressione, poveretti!

Non c’è concerto, evento o incisione discografica dove non debuttino qualche cosa. Come volessero rendere nuovo quello che invece è la solita vecchia minestra.

Il ballo delle debuttanti si fa una volta soltanto dai 17 ai 19 anni e non per tutta la vita.

Qui invece si parla di artisti che debuttano decine di volte nella propria fantomatica carriera, ad ogni pié sospinto e per qualunque cosa, come un concerto per la sagra del broccolo fritto a Torino (che poi vedi è a Moncenisio per i suoi 30 abitanti, che va benissimo per carità, ma non debuttare per cortesia!).

In fin dei conti ogni situazione può considerarsi un debutto, perché ogni giorno è nuovo. Invero, ogni volta che vado a prendere il pane potrebbe considerarsi un debutto per il solo fatto che cambio panettiere: ‘’oggi alle ore 10.30 debutterò da Tony Baguette con mezzo kg di pane comune, vi aspetto numerosi in diretta streaming!’’

Nel dettaglio etimologico, Début deriva dal francese de-but che tradotto è ‘di-punto’, dove but  significa segno o bersaglio, e perciò in questo caso,  ‘cosa che sporge’ o ‘spinge fuori’, dal quale derivano parole come buttare, botto, botta, buzzo e simili. In alcuni vocabolari addirittura veniva definito ‘’francesismo non bello per dire l’entrata o l’esordio di una carriera’’. (Touché!)

Trovo invece che la parola esordio appena citata, sempre previa moderazione e parsimonia nell’utilizzo, sia più fine ed appropriata.

Questo lemma infatti deriva dal latino Exordium,  ex-ordium, e significa letteralmente ‘da-principio’,  dove ordium (ordīri) ha la stessa radice di orīri che significa sorgere, nascere o crescere.

Ecco io preferisco sorgere e non fare il botto.

Ad ogni modo,  altre bellissime forme di autocelebrazione alla carriera si possono riconoscere in definizioni quali ‘’sono lanciata/o’’ o ancor meglio ‘’lanciatissima/o’’. Meglio buttarsi dalla finestra!

O come la bellissima metonimia, figura retorica del poetare ermetico,  ‘’ la mia ultima fatica’’ che aggiunge gravità e peso ad azioni di poco conto. Il parto artistico certamente può essere a tutti gli effetti eletto a fatica sia fisica che spirituale. Ma non sarebbe forse più elegante celare un poco la fatica con grazia e sprezzatura in virtù del risultato, anziché mostrare le sovraumane imprese volte a sfidare la morte,  per vincere l’immortalità ed esaudire l’Oracolo di Delfi?

Tutti parlano delle proprie Fatiche di Ercole, ma nessuno del vero Tallone d’Achille: l’ horror vacui  interiore.

 

*Gustav Klimt, Nuda Veritas, olio su tela, 1899

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